La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 9128 del 31 marzo 2023, ha deciso che in caso di licenziamento collettivo non si può limitare la scelta ai soli addetti al reparto che si vuole sopprimere, se questi sono idonei, per acquisita esperienza e per pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti, a svolgere altri lavori, ma si deve ampliare la scelta coinvolgendo appunto i dipendenti di altri reparti.

Nel caso sottoposto al giudizio di legittimità della Corte di Cassazione, una lavoratrice era stata scelta tra i dipendenti da inserire nella procedura di licenziamento collettivo per esubero del personale, che faceva seguito ad un intervento di CIGS richiesto per crisi aziendale.

La lavoratrice ha impugnato il licenziamento sostenendo che il datore di lavoro avesse violato i criteri di scelta di cui all’art. 5 della L. 223/1991 e richiedendo così la reintegrazione.

La Corte d’appello, riformando la sentenza del Tribunale, ha accolto il reclamo della lavoratrice, condannando l’azienda alla reintegra e al risarcimento del danno, ritenendo che non erano state considerate le esperienze professionali della lavoratrice in altri reparti, oltre che nell’ultima posizione di lavoro soppressa ed era stata comparata solo con un unico altro impiegato.

La società è così ricorsa alla Suprema Corte la quale ha respinto le doglianze del datore di lavoro, attenendosi al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, ove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti dell’azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni (Cass. n. 18190/2016, n. 2284/2018). E’ invece onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata (principio espresso sin da Cass. n. 8474/2005 e, più di recente, da Cass. n. 15953/2021, n. 33889/2022), ed anche che gli addetti prescelti non svolgessero mansioni fungibili con quelle di dipendenti assegnati ad altri reparti o sedi (cfr., tra le altre, Cass. n. 13783/2006, n. 203/2015, n. 19105/2017, n. 15953/2021).

La Corte di Cassazione ha quindi ritenuta corretta la posizione dei giudici di merito secondo cui nella procedura di licenziamento collettivo non si può limitare la scelta ai soli addetti ad un reparto se questi sono idonei, per acquisita esperienza e per pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti, a svolgere altre attività, ma si deve ampliare la scelta coinvolgendo appunto lavoratori di altri reparti (cfr. Cass. n. 9888/2006, n. 26679/2011).

In conclusione la comparazione tra lavoratori di professionalità equivalente deve tener conto non solo delle mansioni concretamente svolte in quel momento, ma anche della capacità professionale degli addetti ai settori da sopprimere, mettendo quindi a confronto tutti coloro che siano in grado di svolgere le mansioni proprie dei settori che sopravvivono, indipendentemente dal fatto che in concreto non le esercitino al momento del licenziamento collettivo, in base a criteri oggettivi e trasparenti (cfr. Cass. n. 6086/2021, n. 33889/2022, n. 23041/2018).