L’INAIL, con l’istruzione operativa dell’1 marzo 2021, ha chiarito che il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non costituisce una condizione, oltre a quelle già previste dalla legge, a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato.

Il  suddetto rifiuto di vaccinarsi non può configurarsi come assunzione di un rischio elettivo, in quanto il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all’occasione di lavoro, nella cui nozione rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti l'ambiente, le macchine, le persone, compreso il comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione.

Né, d’altra parte, si rileva, allo stato dell’attuale, legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore; infatti, il D.Lgs. 81/2008, all’art. 279 riguardante Prevenzione e controllo, stabilisce che “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari (…)” tra cui “a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”, ma non prevede l’obbligo del lavoratore di vaccinarsi.