La Corte di Cassazione, con la sentenza 27/05/2015 n. 10955, ha espresso il principio della tendenziale ammissibilità dei controlli difensivi occulti diretti ad accertare comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo che qualitativo. 

Resta fermo comunque che l’attività di accertamento deve essere effettuata con modalità non eccessivamente invasive e rispettose della garanzia di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l’interesse del datore di lavoro al controllo e alla difesa dell’organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale. 

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte un lavoratore era stato licenziato per giusta causa per le seguenti motivazioni: si era allontanato dal posto di lavoro per una telefonata privata di circa 15 minuti che gli aveva impedito di intervenire prontamente su di una pressa, bloccata da una lamiera che era rimasta incastrata nei meccanismi; nello stesso giorno era stato trovato, nel suo armadietto aziendale, un dispositivo elettronico (IPAD) acceso e in collegamento con la rete elettrica aziendale; nei giorni successivi, in orario di lavoro, si era intrattenuto con il suo cellulare a conversare su facebook con un falso profilo di donna, creato appositamente dall’azienda, al fine di accertare e quindi sanzionare un comportamento idoneo a ledere il patrimonio aziendale, sotto il profilo del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti. 

La sentenza della Corte di Cassazione verte nuovamente sull’art. 4 dello St. Lavoratori che vieta le apparecchiature di controllo a distanza e subordina ad un accordo delle RSA o a specifiche disposizioni dell’Ispettorato del lavoro, l’installazione di quelle apparecchiature, rese necessarie da esigenze organizzative e produttive, da cui può derivare la possibilità di controllo. 

Questa volta però la Suprema Corte ha deciso per la non applicabilità del citato articolo 4, perché se il controllo è diretto non già a verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti, si è fuori dallo schema normativo dell’art. 4 della L. 300/1970. 

In sostanza l’accertamento effettuato dal datore di lavoro è consistito nel riscontrare la violazione da parte del dipendente della disposizione aziendale che vieta l’uso del telefono cellulare e lo svolgimento di attività extralavorativa durante l’orario di servizio.