Contributi dovuti se non viene comunicata la sospensione consensuale del rapporto
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 7/08/2017 n.19662, ha ribadito che se il datore di lavoro ed i lavoratori hanno deciso di comune accordo di sospendere l’attività lavorativa, l’obbligo di versare i contributi previdenziali viene meno soltanto se la sospensione consensuale è stata preventivamente comunicata all’INPS.
Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, l’INPS aveva chiesto con cartella esattoriale i contributi omessi da una società operante nel settore edile, che aveva di comune accordo con i dipendenti deciso di sospendere per alcuni periodi l’attività lavorativa.
La società si era opposta alla richiesta dell’istituto previdenziale ed il giudice di primo grado aveva accolto il suo ricorso riducendo l’importo richiesto dall’INPS, ritenendo che in alcuni periodi non era maturata l’obbligazione contributiva, dato che i lavoratori (tutti extracomunitari) avevano fatto ritorno nei Paesi di origine, con conseguente sospensione del rapporto di lavoro.
L’INPS ha quindi proposto appello, ma anche il giudice di secondo grado ha dato ragione all’azienda, rilevando che nel caso esaminato non poteva trovare applicazione la regola del minimale contributivo, vertendosi in una delle ipotesi di sospensione consensuale del rapporto di lavoro previste dall’art. 29 del DL 244/1995 (L. 341/1995).
Si è così giunti dinnanzi alla Corte di Cassazione, la quale ha richiamato il proprio orientamento (sent. 9805/2011) in tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro esercenti attività edile, in base al quale l’art. 29 del decreto legge citato, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varietà di assenze, tra di loro accumunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto.
Ne consegue che se la sospensione del rapporto di lavoro deriva da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere intatto l’obbligo retributivo, dovendosi escludere, la possibilità di un’interpretazione estensiva o comunque analogica e ciò tanto più che la disposizione ha natura eccezionale e regola espressamente la possibilità e le modalità di un ampliamento dei casi di esonero da contribuzione, che può essere effettuato esclusivamente mediante decreti interministeriali.
Pertanto, conclude la Suprema Corte, è necessario distinguere due situazioni: quella della sospensione dell’attività, per la quale deve sussistere il presupposto dell’obbligo della retribuzione corrispettivo, obbligo che non sussiste nelle ipotesi di sospensione debitamente comunicate all’INPS in via preventiva ed oggettivamente accertabile e quella della riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppur parziale, esprime tutto il suo vigore la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione.
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