Il Tribunale di Reggio Emilia, con la sentenza n. 168 del 28 aprile 2011, ha affermato che, in presenza di più contratti a termine stipulati, con il medesimo lavoratore, in frode alla legge (art. 1344 c.c.) e dell’apposizione di una clausola giustificativa del termine generica (quindi nulla) al primo contratto della sequenza, quest’ultima è condizione sufficiente, da sola, a determinare la conversione dell’intero rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Secondo l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 368/2001, l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto nel quale siano specificate le ragioni di cui al comma 1, ovvero quelle di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo presenti in capo al datore di lavoro. La clausola non può, perciò, essere di mero stile, limitandosi a parafrasare la formula legale dell’art. 1, comma 2, ma deve indicare la causale giustificativa, nelle sue componenti essenziali, quanto al contenuto, alla portata spazio-temporale e circostanziale.
Nel caso di specie, il primo contratto, così come tutti quelli che si sono succeduti, recava una clausola giustificativa del termine che parafrasava, semplicemente, la clausola elastica contenuta della legge, senza specificare né quale fosse l’esigenza produttiva, né quale connessione avesse con le mansioni del lavoratore.
Tale clausola è stata, pertanto, ritenuta nulla e sufficiente, da sola, a determinare la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
Nel caso di specie, al lavoratore deve, inoltre, essere riconosciuto il diritto alle retribuzioni mancate a far data dall’offerta della prestazione lavorativa, rifiutata dal datore; data che si identifica non nella raccomandata di convocazione presso la DPL (la quale non recava alcuna offerta di prestazione lavorativa), ma nella data di notifica del ricorso introduttivo del giudizio, in cui si chiede la riammissione nel posto di lavoro.
Non solo. Il lavoratore ha diritto anche al risarcimento del danno (indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità) ex art. 32, comma 5, L. n. 183/2010. Lo stesso, infatti, è stato impiegato al lavoro con una serie reiterata di contratti a termine per un periodo di 4 anni e mezzo; tutti i contratti avevano la stessa generica dizione giustificativa del termine e, soprattutto, venivano a scadere sempre in coincidenza del periodo estivo feriale e col periodo natalizio.