L’INPS, con la circolare 18 agosto 2022 n. 97, ha fornito alcune precisazioni e le istruzioni operative in merito agli ammortizzatori sociali che possono essere fruiti, fino al 31 dicembre 2022, dalle aziende che si trovano a gestire particolari difficoltà economiche e hanno esaurito le ordinarie settimane di trattamento salariale previste dal D.lgs. 148/2015.

In particolare il comma 11-quinquies dell’art. 44 del D.lgs. 148/2015 (introdotto dal DL 21/2022) riconosce ulteriori 26 settimane di CIGO alle aziende normalmente destinatarie di tale tipo di misura (art. 10 del D.lgs. 148/2015).

Invece il comma 11-sexies del citato art. 44 (introdotto dal DL 21/2022) riconosce ulteriori 8 settimane di assegno ordinario a carico del FIS e degli altri Fondi bilaterali.

I destinatari di tale misura sono solo i datori di lavoro che operano nei settori individuati dai codici Ateco 2007 previsti dall’allegato I al DL 21/2022.

Riguardo al Fondo intersettoriale della Provincia di Trento, l’INPS precisa che se la causale è contratto di solidarietà il limite di fruizione è innalzato a 52 settimane complessive nel biennio mobile.

Invece in merito al FIS la circolare evidenzia che ai fini dell’accesso al nuovo periodo (che si ricorda essere di 8 settimane), qualora non risultino interamente autorizzate le 13 settimane (per datori di lavoro che, nel semestre precedente, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti) ovvero le 26 settimane (per datori di lavoro che, nel semestre precedente, abbiano occupato mediamente più di cinque dipendenti), l’INPS provvederà ad autorizzare la domanda per il periodo integrabile ancora disponibile fino a concorrenza dei predetti limiti temporali e inviteranno i datori di lavoro a presentare, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento di accoglimento parziale, una nuova domanda per richiedere l’accesso alle ulteriori settimane sino al termine del periodo originariamente richiesto.

Tali trattamenti derogano solo i limiti massimi di utilizzo, dato che rientrano nell’ambito della normativa di tipo generale e non emergenziale. Per tutto il resto valgono le condizioni di cui al D.lgs. 148/2015.

Riguardo al contributo addizionale, al cui versamento sono tenuti i datori di lavoro che fruiscono dei trattamenti di integrazione salariale di cui all’articolo 44, comma 11-quinques, si applica l’aliquota del 12% o del 15% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate.

La circolare si occupa anche dei trattamenti di CIGO e CIGS di cui al D.lgs. 148/2015, con l’esclusione del contributo addizionale, di cui possono fruire le aziende che svolgono un’attività contraddistinta da uno dei codici Ateco elencati nell’Allegato A del DL 21/2022, che sospendono o riducono l’attività lavorativa nel periodo 22 marzo 2022 – 31 maggio 2022. L’agevolazione è prevista dall’art. 11, c. 2 del DL 21/2022.

A tal proposito l’INPS precisa che i citati periodi di integrazione salariale rilevano ai fini della determinazione della misura del contributo addizionale ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 148/2015, qualora detto contributo sia dovuto per eventuali ulteriori periodi di integrazione salariali fruiti nel quinquennio mobile.

Infine la circolare ricorda anche le modifiche che il decreto ministeriale 67/2022 ha apportato al DM 95442/2016 che individua i criteri di esame per la concessione della CIGO.

In particolare nella causale di crisi di mercato, per il solo anno 2022, viene anche ricompresa la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa derivante dall’impossibilità di concludere accordi o scambi in ragione delle limitazioni conseguenti alla crisi in Ucraina.

Invece la causale mancanza di materie prime o componenti sussiste anche quando sia riconducibile a difficoltà economiche, non prevedibili, temporanee e non imputabili all’impresa, nel reperimento di fonti energetiche, funzionali alla trasformazione delle materie prime necessarie per la produzione.

Riguardo a quest’ultima, l’INPS precisa che tale modifica è strutturale e non transitoria. Il ricorso alla citata causale è circoscritto alle “aziende energivore”, cioè le imprese a forte consumo di energia elettrica e imprese a forte consumo di gas naturale, come individuate rispettivamente dal MISE con il decreto 21 dicembre 2017 e dal MITE con decreto 21 dicembre 2021.

La circolare evidenzia che sono ritenute a forte consumo di energia elettrica le imprese che, nel triennio 2018-2020, hanno registrato un consumo medio di energia elettrica pari ad almeno 1 GWh/anno e che presentano i seguenti requisiti:

a) operano nei settori dell’Allegato 3 alle Linee guida CE di cui alla Comunicazione della Commissione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale C 200/01 dell'Unione europea del 28 giugno 2014;

b) operano nei settori dell’Allegato 5 alle predette Linee guida CE e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al VAL ai sensi dell’articolo 5, comma 1, non inferiore al 20%;

c) non rientrano fra quelle di cui ai punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.

L’appartenenza agli elenchi sopra indicati dovrà essere espressamente specificata dal datore di lavoro nella relazione tecnica allegata alla domanda di integrazione salariale.

L’INPS infine fornisce le istruzioni per la compilazione del Flusso Uniemens.