Il Ministero del lavoro, con la nota 19/12/2008 n.51, rispondendo ad un'istanza di interpello ha precisato che il lavoratore che a seguito di un finanziamento con sottoscrizione di un contratto di cessione del quinto dello stipendio e accensione di garanzia sul TFR maturando può decidere di conferire in tutto o in parte il trattamento di fine rapporto al Fondo di previdenza complementare.
Infatti in questi casi ciò che viene a mutare è solo il soggetto depositario del TFR posto a garanzia del credito:ossia il Fondo di previdenza (o il Fondo di Tesoreria presso l'INPS) in luogo del datore di lavoro.
Inoltre, spiega il Ministero, le clausole contrattuali contenute nei contratti di finanziamento con cessione di un quinto dello stipendio che vietano al lavoratore di devolvere il proprio TFR alla previdenza complementare sono da considerarsi nulle in quanto in contrasto con interessi tutelati dalla Costituzione come quello di cui all'art.38, c.2, che riconosce il diritto dei lavoratori a vedersi assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione volontaria.
Stessa sorte spetta alle clausole che vietano al lavoratore di incrementare i versamenti al fondo pensione o quelle che proibiscono di chiedere anticipazioni o riscatti, in quanto incidono sulla libertà contrattuale.
Al pari sono da considerare illegittime le clausole che vietano al datore di lavoro di versare il TFR del proprio dipendente alla previdenza complementare dato che il datore di lavoro non è titolare di un diritto soggettivo sul TFR maturando del lavoratore né quindi può disporne.
Infine in merito alle modalità con le quali la società finanziaria può estinguere il debito tramite escussione della garanzia, la circolare ministeriale precisa che spetta alla società stessa discrezionalmente decidere se agire nei confronti del TFR accantonato presso il datore di lavoro oppure su quello conferito al Fondo di previdenza, nel caso in cui il lavoratore abbia deciso di versare solo in parte il TFR alla previdenza complementare.
In questi casi la società finanziaria deve agire rispettando i principi di buona fede e correttezza e non può recuperare il debito agendo sul TFR versato alla previdenza complementare qualora lo stesso possa essere recuperato in toto con il TFR accantonato presso il datore di lavoro, dato che in caso contrario si creerebbe un danno all'interesse del lavoratore a maturare prestazioni previdenziali.