Cessione d’azienda illecita: risarcimento del danno con la messa in mora
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 24 febbraio 2023, n. 5788, ha deciso che se la cessione d’azienda viene ritenuta illecita, il lavoratore ceduto non ha diritto alle differenze retributive nel periodo intercorrente tra la cessione stessa e il provvedimento giudiziale di illegittimità, ma può ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro a ricevere la prestazione, purché abbia provveduto a costituire in mora il cedente.
Nel caso sottoposto al giudizio della Suprema Corte, un lavoratore aveva proposto ricorso al Tribunale affinché condannasse il datore di lavoro al risarcimento del danno subito, dalla data in cui era avvenuta la cessione del ramo di azienda fino alla data della sentenza che dichiarava l’illegittimità della cessione con efficacia ex tunc.
Più precisamente la pretesa del lavoratore aveva ad oggetto il pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito dalla società cessionaria e quanto avrebbe potuto percepire se fosse continuato l’originario contratto di lavoro con il cedente.
Il giudice di primo grado aveva respinto la domanda del lavoratore, confermata anche dalla Corte d’appello, ritenendo che, una volta ricostituito con effetto ex tunc il rapporto di lavoro alle dipendenze della società cedente, sorge in capo a quest’ultimo un’obbligazione di carattere retributivo sin dall’epoca della cessione dichiarata illegittima, la cui pretesa però, in difetto di prestazione lavorativa, è subordinata alla costituzione in mora del cedente.
La Corte di Cassazione richiama l’orientamento consolidato (tra le tante sentenze Cass. n. 32378/2022 e n. 35982/2021) secondo cui, dopo la sentenza di illegittimità della cessione d’azienda, il sinallagma contrattuale tra cedente e lavoratore ceduto riprende effettività e rivivono gli ordinari obblighi a carico di entrambe le partirestare attività lavorativa da un lato ed erogare la retribuzione dall’altro.
Se il datore di lavoro, senza giustificato motivo, non ricostituisce il rapporto di lavoro, sarà comunque tenuto a sopportare il peso economico delle retribuzioni, pur senza ricevere la prestazione lavorativa corrispettiva, sebbene offerta dal lavoratore.
Infatti il contratto di lavoro è un contratto a prestazioni corrispettive in cui l’erogazione del trattamento economico, in mancanza di lavoro, costituisce un’eccezione, che deve però essere oggetto di espressa previsione di legge o di contratto. In difetto, la mancanza della prestazione lavorativa esclude il diritto alla retribuzione, ma determina a carico del datore di lavoro che ne è responsabile, l’obbligo di risarcire i danni, eventualmente commisurati alle mancate retribuzioni.
Posta la natura risarcitoria delle citate somme pretese dal lavoratore, l’erogazione può avvenire solo se lo stesso dipendente ha preventivamente provveduto a costituire in mora il datore di lavoro, con la messa a disposizione delle proprie energie lavorative ovvero mediante l’intimazione di ricevere la prestazione, in modo tale da rendere ingiustificato il rifiuto del cedente e quindi suscettibili di risarcimento l’eventuale danno cagionato.
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