Cessazione dell’appalto: soppressione del posto senza i criteri di scelta del licenziamento collettivo
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 27/10/2017 n.25653, ha deciso che il datore di lavoro che intende sopprimere i posti di lavoro a seguito della cessazione di un contratto di appalto, può procedere al recesso senza rispettare i criteri di scelta dei lavoratori previsti per i licenziamenti collettivi.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un lavoratore aveva impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto dall’azienda a seguito della soppressione della posizione lavorativa come conseguenza alla cessazione del contratto di appalto per il servizio di trasporto pubblico locale.
Nei primi due gradi di giudizio, il lavoratore è risultato soccombente. La Corte d’Appello ha infatti rilevato che il licenziamento non era stato dettato da un’esigenza di riduzione del personale, ma dal venire meno dell’appalto con conseguente soppressione di tutti i posti di lavoro ad esso inerenti. Ne consegue che risultano inapplicabili i criteri di scelta previsti dalla Legge 223/1991.
Il lavoratore ha così proposto ricorso in Cassazione, la quale però ha confermato la decisione del giudice di secondo grado.
In particolare, richiamando altre pronunce sullo stesso argomento (Cass. n.7046/2011, 11124/2004, 13058/2003) i giudici di legittimità hanno ribadito che solo quando il giustificato motivo oggettivo si identifica nella generica esigenza di riduzione del personale omogeneo e fungibile, la scelta del dipendente da licenziare risulta limitata, oltre che dal divieto di atti discriminatori, dalle regole di correttezza cui deve essere informato ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il recesso di una di esse.
Per quanto riguarda l’obbligo di riutilizzo del lavoratore, la sentenza ha evidenziato come la Corte d’Appello abbia accertato che il datore di lavoro non poteva utilizzare il dipendente a tempo pieno su altri servizi, in quanto non esistevano posti vacanti e non si poteva pretendere che l’azienda modificasse l’intera organizzazione del lavoro per creare un posto di lavoro diversamente inesistente, ma che vi era solo la possibilità di posizioni con orario di lavoro part time al 50%, proposte al lavoratore, ma da questo rifiutate.
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