Buono pasto riconosciuto al dipendente anche se l’azienda recede dall’accordo aziendale che lo prevede
A cura della redazione
Il Tribunale di Lamezia terme, con la sentenza 14 gennaio 2021, ha deciso che il buono pasto riconosciuto ai dipendenti a prescindere dall’effettivo orario di lavoro svolto, deve essere garantito anche se l’azienda manifesta la volontà di recedere dall’accordo sindacale che lo prevede.
Nel caso in esame, una società aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato il pagamento a favore di un lavoratore di una somma a titolo di ticket restaurant non erogati, oltre a interessi legali, rivalutazione monetaria e spese.
I ticket restaurant, secondo l’azienda, non erano stati erogati in quanto il lavoratore era interessato da contratti di solidarietà difensiva con drastica riduzione dell’orario di lavoro.
Secondo il CCNL applicato il lavoratore avrebbe potuto fruire del pasto aziendale per ciascuna prestazione lavorativa giornaliera ordinaria, a condizione che la prestazione programmata avesse avuto una durata superiore alle 6 ore, ed avrebbe avuto diritto al buono pasto sostitutivo della mensa aziendale soltanto se adibito alle prestazioni notturne con inizio alle ore 22.00.
Il lavoratore riteneva di aver diritto ai buoni pasto, anche se la prestazione lavorativa risultava inferiore alle 6 ore, per effetto di un accordo aziendale che riconosceva i ticket restaurant per ogni giornata di lavoro indipendentemente dalla durata delle prestazioni.
L’azienda replicava sostenendo che l’accordo non era più in essere perché unilateramente l’aveva disdettato, essendo a tempo indeterminato e quindi senza una precisa scadenza.
Di diverso avviso i giudici di merito che hanno richiamato la sentenza della Corte di Cassazione 23105/2019, secondo cui qualora il contratto collettivo non abbia un predeterminato termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio economica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione ve estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all'esigenza di evitare - nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto - la perpetuità del vincolo obbligatorio.
Però la stessa sentenza prevede anche che, in caso di disdetta del contratto, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita, e non anche quando vengano in rilievo delle mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione.
Il Tribunale ha quindi confermato il decreto ingiuntivo e lo ha dichiarato esecutivo.
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