Assindatcolf, commentando la sentenza della Corte di Cassazione n.24/2018, conferma alcuni principi contenuti anche nel CCNL sul lavoro domestico, tra i quali che il lavoratore ha diritto ad un riposto di almeno 11 ore consecutive. Più precisamente, nel caso esaminato dai giudici di legittimità non si fa riferimento alla figura della badante che presta servizio in famiglia, ma al settore socio assistenziale sanitario che viene offerto in strutture specializzate. Però Assindatcolf ritiene che la Suprema Corte, oltre a ribadire un diritto sacrosanto, ovvero l’obbligo di concedere un giusto riposo al lavoratore, accende anche un riflettore sulla drammatica condizione che ogni giorno molte famiglie italiane sono costrette a sostenere, soprattutto quando si tratta di assistere un anziano, disabile e malato. Infatti non è raro che l’assistito abbia bisogno di cure anche nelle ore notturne e per questa mansione il CCNL del lavoro domestico prevede all’art. 11 una figura ad hoc: discontinue prestazioni notturne di cura alla persona. Il problema però è che non tutti possono permettersi di assumere due lavoratori, una badante operativa di giorno ed una di notte, considerando che il costo medio di un’assistente alla persona convivente e regolarmente assunta si aggira intorno ai 17 mila euro l’anno e che quello per l’assistenza notturna è ancora più oneroso. Ecco perché l’Associazione sostiene da sempre l’esigenza, ormai non più rinviabile, di introdurre nel sistema fiscale la totale deduzione del costo del lavoro domestico, non solo per la parte contributiva, come già avviene ma anche per quella retributiva, che rappresentano la spesa maggiore. In questo modo le famiglie potrebbero risparmiare e sarebbero anche incentivate ad assumere, piuttosto che ricorrere al lavoro in nero, spesso proprio perché i costi diventano insostenibili.