Approvata la bozza del DLgs sul riordino di congedi e permessi
A cura della redazione
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 135 del 7/04/2011, ha approvato lo schema del decreto legislativo di riordino della normativa in materia di congedi, permessi e aspettative, in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 23 della L. 183/2010.
L’art. 4 del Decreto modifica l’art. 42 del DLgs 151/2001inserendo condizioni diverse di priorità nell’accesso ai congedi riconosciuti a chi presta assistenza ad un soggetto portatore di handicap.
In sostanza l’ordine di priorità è il seguente: coniuge convivente (con la persona gravemente disabile); padre o madre; figli conviventi; fratelli e sorelle conviventi.
I diversi soggetti intervengono in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti della persona che nell’ordine precede.
Il congedo, la cui durata massima del congedo è di 24 mesi, non può essere riconosciuto:
- a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona (così come i permessi ex art. 33, c.3, L. 104/1992);
- se la persona da assistere è ricoverata a tempo pieno.
Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Nello stesso periodo però l’altro genitore non può fruire dei permessi ex art. 33 L. 104/1992 né del congedo parentale di 3 anni concesso fino all’ottavo anno di vita.
Durante il periodo di congedo, il lavoratore ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento. Il medesimo periodo è coperto da contribuzione figurativa.
L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro con le stesse modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.
I soggetti che usufruiscono del congedo per un periodo non continuativo superiore a 6 mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero di giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo senza diritto alla contribuzione figurativa.
L’art. 6 del decreto modifica l’art. 33 della L. 104/1992 e prevede che il lavoratore possa assistere più persone in situazione di handicap grave a condizione che il secondo familiare da assistere sia il coniuge o un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, solo quando i genitori o il coniuge della persona disabile in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Il lavoratore che usufruisce dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave, residente in un Comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello della propria residenza, deve attestare con un titolo di viaggio o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.
L’art. 3 (modifica l’art. 33 del DLgs 151/2001) prevede invece che la lavoratrice madre o in alternativa il lavoratore padre anche adottivi hanno diritto di fruire entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino del congedo parentale in misura continuativa o frazionata per un periodo massimo non superiore a 3 anni. Il congedo spetta per ogni minore con handicap grave. Nel periodo sono inclusi anche i congedi parentali concessi alla generalità dei genitori (fino a 11 mesi totali se a fruirne sono entrambi i genitori) a prescindere dalla disabilità del figlio.
Il bambino non deve essere ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
L’art. 7 riconosce ai lavoratori mutilati e invalidi civili (con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%) il diritto di fruire anche in maniera frazionata ad un congedo per cure per un periodo non superiore a 30 giorni.
Il congedo viene riconosciuto dal datore di lavoro previa domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta dalla quale risulti la necessità delle cure (in relazione all’infermità invalidante riconosciuta) del medico convenzionato al SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica.
Il dipendente ha diritto a percepire un trattamento calcolato secondo le modalità previste per la malattia.
Il lavoratore deve documentare l’avvenuta sottoposizione alle cure.
Infine l’art. 2 del decreto modifica l’art. 20 del T.U. maternità e prevede che in caso di aborto effettuato dopo il 180mo giorno dall’inizio della gestazione, la lavoratrice può riprendere l’attività lavorativa purchè il medico del SSN o convenzionato (o il medico competente) attesti che tale opzione non crea pregiudizio alla salute della lavoratrice.
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