Il Ministero del lavoro, con la circolare 30/07/2014 n.18, ha fornito le tanto attese delucidazioni sul contratto di apprendistato dopo le modifiche apportate al DLgs 167/2011 dal DL 34/2014 (convertito nella L. 78/2014), tra le quali che restano valide le vigenti clausole della contrattazione collettiva che già prevedono un termine entro il quale è possibile redigere il Piano formativo individuale.

Il DL 34/2014 ha infatti previsto che il PFI deve essere elaborato per iscritto in forma sintetica senza più richiamare il termine di 30 giorni decorrenti dalla data della stipula del contratto. Sul punto il Ministero ha chiarito che se un CCNL prevede ancora un termine, quest’ultimo rimane valido, oppure se non lo prevede, lo può introdurre. 

Il fatto che il PFI debba essere in forma sintetica, significa che può limitarsi ad indicare esclusivamente la formazione finalizzata all’acquisizione delle competenze tecnico professionali e specialistiche. E’ sul rispetto dei suoi contenuti che gli ispettori effettueranno le loro indagini. 

In merito alle clausole di stabilizzazione, abrogate dal DL 34/2014 e poi reintrodotte dalla Legge di conversione, la circolare spiega che le parti sociali potranno introdurre dette clausole solo per modificare il regime legale che prevede forme di stabilizzazione soltanto per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti e la cui violazione comporterà il disconoscimento dei rapporti di apprendistato avviati in violazione dei limiti. Invece per i datori di lavoro che occupano fino a 49 dipendenti, la violazione di eventuali clausole di stabilizzazione previste dai contratti collettivi, anche se già vigenti, non comporterà alcuna trasformazione.

Per quanto riguarda l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il Ministero chiarisce che la disposizione secondo cui al lavoratore deve essere riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo, va intesa come limite minimo di retribuzione. Ne consegue che questa non potrà essere al di sotto di quella che risulterebbe in relazione ad una sommatoria delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché di almeno il 35% delle ore di formazione. 

Inoltre la disposizione contenuta nell’art. 3, c.2 quater del DLgs 167/2011 che consente alla contrattazione collettiva di prevedere specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali, vuole sollecitare l’utilizzo del contratto di apprendistato di primo livello, così come quella contenuta nell’art.4, c.5 del T.U. sull’apprendistato.

Infine importanti delucidazioni sono state fornite in merito all’apprendistato professionalizzante o di mestiere.  Più precisamente, per quanto riguarda la formazione di base e trasversale viene ribadito che la stessa è obbligatoria e spetti alle Regioni e alle Province autonome. L’offerta formativa pubblica deve però ritenersi obbligatoria solo se: è disciplinata come tale nell’ambito della regolamentazione regionale, è realmente disponibile per l’impresa e per l’apprendista ovvero (in via sussidiaria o cedevole) è definita obbligatoria dalla disciplina contrattuale vigente.

Il compito che il legislatore assegna alle Regioni di comunicare al datore di lavoro, entro 45 giorni dall’instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa, deve ritenersi obbligatorio. Ne consegue che se la Regione non comunica nulla, il datore di lavoro non può essere considerato responsabile in caso di omessa formazione trasversale e l’ispettore non potrà applicare alcuna sanzione. E’ per questo motivo che le Regioni dovranno periodicamente informare le DTL in merito ai datori di lavoro a cui è stata inviata la comunicazione sui percorsi formativi. 

Il Ministero del lavoro sottolinea che le nuove disposizioni introdotte dal DL 34/2014 trovano esclusiva applicazione nei confronti dei rapporti di lavoro costituti a decorrere dal 21 marzo u.s., anche se rimangono salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni introdotte dal predetto decreto prima della sua conversione, che non prevedeva la forma scritta del PFI e le clausole di stabilizzazione.