Lo schema del c.d. Codice dei contratti pubblici, attualmente all’esame del Parlamento, attua la norma di delega contenuta nella legge 21 giugno 2022, n. 78, prevedendo tra l’altro, all’art.11 che l’azienda che esegue i lavori sia tenuta ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Secondo il PNRR, l'entrata in vigore di tale decreto deve avvenire entro il 31 marzo 2023.

Lo schema del provvedimento prevede inoltre l’obbligo di applicare il contratto collettivo il cui ambito di applicazione è strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

L’art.11 sancisce anche il principio di pubblicità del contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione, che va indicato a cura delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti nei bandi e negli inviti.

La finalità, si legge nella relazione di accompagnamento, è quella di evitare che per la frammentazione dei contratti collettivi nell’ambito del medesimo settore, l’operatore economico finisca per l’optare per un CCNL che non garantisce al lavoratore le migliori tutele sotto il profilo normativo ed economico.

A dire il vero il legislatore riconosce comunque alle aziende la possibilità di indicare nella propria offerta un differente contratto collettivo da esse applicato, purché siano garantite ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente. In tali casi, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele.

In quest’ultimo caso, la dichiarazione è anche verificata con le modalità di cui all’art. 110 (concernente le offerte anormalmente basse).

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti si devono impegnare ad assicurare, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto.

Al fine di tutelare maggiormente i lavoratori impiegati nell’appalto si prevede che in caso di inadempienza contributiva risultante dal DURC relativo a personale dipendente dell'affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi, impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile.

Più in dettaglio sull’importo netto progressivo delle prestazioni è operata una ritenuta dello 0,50 per cento; le ritenute possono essere svincolate soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l'approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva.

In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale occupato nell’appalto il responsabile unico del progetto (RUP) invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’affidatario, a provvedervi entro i successivi 15 giorni.

Nel caso in cui sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il predetto termine di 15 giorni, la stazione appaltante paga anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto.

Particolarmente interessante anche l’art. 57 secondo cui nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti devono essere inserite anche specifiche clausole sociali che richiedono, come requisiti necessari dell’offerta, misure volte a garantire: la stabilità occupazionale del personale impiegato, l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore nonché le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare.

L’art. 61 invece dispone che le stazioni appaltanti possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto o possono riservarne l'esecuzione a operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate, o possono riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30% dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati.

Infine le stazioni appaltanti possono prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari o come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.