L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 55 del 31 gennaio 2022, ha ribadito un concetto già noto ossia che, se sussistono tutti i requisiti previsti dal D.lgs. 147/2015, possono fruire dell’agevolazione fiscale per i c.d. impatriati, anche i lavoratori italiani assunti all’estero da un’azienda con sede in un Paese membro, che rientrano in Italia continuando a prestare attività lavorativa in modalità smart working.

Riguardo all’estensione temporale del beneficio fiscale per ulteriori cinque periodi d’imposta, con tassazione nella misura del 50% del reddito imponibile, l’Agenzia delle entrate richiama le indicazioni fornite con la circolare 33/E del 2020, secondo cui è necessario che siano soddisfatti due requisiti, alternativi tra loro:  avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo oppure aver acquistato un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia direttamente da parte del lavoratore o del coniuge del convivente o dei figli, anche in comproprietà.

Riguardo al datore di lavoro, la norma non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante in Italia, pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia il lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero od i cui committenti sono stranieri.

Resta ferma la condizione fondamentale che il lavoratore trasferisca la sua residenza fiscale in Italia.